Toni D’Angelo, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico.

Antonio D’Angelo, detto Toni e, mio malgrado, scritto anche Tony.

Nato a Napoli e cresciuto tra due città che porto dentro ovunque vada: Napoli, la mia radice, e Roma, che mi ha accolto fin da bambino. A soli sei anni ho dovuto lasciare la mia terra, ma quella passione per la vita, la musica, il cinema, non mi ha mai abbandonato. Suonavo, guardavo film, riflettendo su cosa ci fosse dietro quella magia chiamata Arte.

Dal liceo sono arrivato al D.A.M.S., dove ho dedicato la tesi a un regista che ha cambiato il mio sguardo, il mio modo di vedere le cose: Abel Ferrara. Con lui ho mosso i primi passi sul set, imboccando una strada che mi avrebbe segnato per sempre: “Toni D’Angelo Regista”.

In quegli anni ho capito che ogni storia nasce da un’intuizione, un’emozione, un qualcosa che ti scatta dentro. Una notte è stato il mio primo lungometraggio. Con Poeti ho camminato per Roma inseguendo le voci di chi scrive versi. Con L’innocenza di Clara ho cercato il buio e la luce delle cave, come a scavare nell’invisibile.

Il mio lavoro, il mio essere, è sempre stato una continua ricerca. Quello che faccio, seguendole in tutte le fasi, è trasformare le idee in progetti visivi concreti, con l’obiettivo di realizzare esperienze autentiche in ogni storia che racconto.

È una sfida che mi appassiona, dare vita a mondi reali, vivi, mai idealizzati, mai abbelliti. Anche nei momenti più oscuri, cerco di restituire l’anima delle persone, delle città, dei luoghi. Il filo logico che attraversa i miei lavori è proprio questo: raccontare persone e città così come le ho incontrate, senza idealizzarle né abbellirle. Cercare di restituirne l’autenticità, con le loro ombre e le loro luci.

In Filmstudio, Mon Amour ho reso omaggio a un luogo che ha fatto nascere il cinema di molti. In Falchi ho cercato la tensione di un poliziesco urbano e crudo. Con Nessuno è innocente ho avuto l’onore di aprire la Settimana della Critica a Venezia, mentre Calibro 9 è stato un dialogo con il poliziesco italiano di ieri e di oggi.

Ogni fase che dirigo è parte di un unico percorso, la meta è dare vita a immagini che abbiano anima, non solo forma. Viverle, dall’idea alla proiezione, senza mai animarle davvero… fino al concepimento di quell’anima che le renda uniche ed emozionanti. Questa è la mia concezione di regia, immagine viva, nel cuore di chi la percepisce.

Ogni progetto nasce da una scintilla: un’intuizione, un’emozione, un’esigenza da raccontare. Crederci fino in fondo, affinché diventi luce diffusa sullo schermo, capace di illuminare chi guarda. Questo sta alla base di ogni mia produzione, il cuore pulsante che alimenta la mia incessante ricerca di autenticità.

E niente c’è di più autentico e vero di ciò che ho raccontato in Nino. 18 giorni, un film che nasce dalla stessa ricerca, alimentata da un racconto molto personale: quello di mio padre. Un racconto dove ho rimesso insieme ricordi e futuro, fatto di lavoro, musica e famiglia, un viaggio che mi ha portato a ripercorrere la sua storia, la nostra.

E così, a chi mi chiede se essere “figlio di Nino D’Angelo” mi pesa, ho potuto finalmente rispondere una volta per tutte, sul grande schermo, con questa verità: ne sono fiero. L’avrei voluto conoscere 18 giorni prima.

Toni D’Angelo

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Showreel

Work in Progress

@tonidangeloregista

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